LA STORIA VERA: IL POLIZIOTTO IN FERRARI
STORIA DEL BRIGADIERE SPATAFORA E DI UNA PATTUGLIA MAI VISTA

La Storia

Questa storia sembra un film, ma non lo è. Lo sarà Anni ’60, Roma: la criminalità ha ormai seminato la Polizia. Banditi abili, selvaggi e spregiudicati hanno a disposizione mezzi potenti: spesso sono auto sportive rubate, Alfa Romeo e Maserati guidate da esperti “piloti” che si fanno pagare cari i loro servizi.
Le bande di ladri e rapinatori diventano imprendibili e violente, assaltano portavalori, spesso sparano. C’è malumore nei palazzi ministeriali, ma ancora di più tra gli agenti per strada.
Accade così che lo storico Capo della Polizia Prefetto Vicari vada in Questura, a Roma, per un serrato e inedito confronto personale con gli agenti della Squadra Mobile che – in quel periodo – si occupa anche di pattugliamento del territorio.
Vicari, un uomo di enorme carisma, è preoccupato, incazzato: come mai i criminali continuano a scappare? Come mai la Polizia soffre quella nuova criminalità? Cosa si può fare?
Molti dei poliziotti convocati all’incontro si lamentano di non avere fondi e mezzi adeguati a disposizione, in una discussione a viso aperto tra base e vertice massimo.
A un certo punto Vicari chiede: “Quindi? Cosa vi serve?”. E un poliziotto, un brigadiere fino ad allora silenzioso, prende la parola per tutti.

“Ci vorrebbe una Ferrari, Eccellenza”
dice Armando Spatafora, classe 1927, uomo che da anni gira per quelle strade a caccia di criminali.

Il Prefetto lo guarda cupo, poi risponde: “L’avrete”. Sembra una promessa come tante, ma non lo è.
Alla Questura di Roma arrivano in dotazione due Ferrari 250, carrozzate Pininfarina, 3000 di cilindrata, 240 cavalli, velocità di punta 280 chilometri orari, motore anteriore.

Le due auto sono nere.

Hanno lampeggiante e sirene, ma il rombo si sente a centinaia di metri di distanza. Spatafora e altri tre colleghi vengono mandati a Maranello a migliorare la guida e imparare come gestire quei bolidi.
Ci vanno in missione, facendo 6 ore di viaggio con la macchina privata di Spatafora, una Fiat 500. Durante i test, però, il brigadiere si dimostra subito velocissimo, facendo tempi degni di un pilota. Una delle due Ferrari finisce distrutta in un incidente prima ancora di prendere servizio. Il telaio viene disintegrato fino all’ultimo pezzo a Maranello, come richiesto dallo scaramantico Enzo Ferrari. Ma la seconda auto, guidata quasi sempre da Spatafora, entra nella leggenda, impazzando tra il Dicembre del 1962 e il 1968 per tutta Roma in continui inseguimenti da film, senza più arrancare dietro i malviventi, ma braccandoli.

Il cavallino rampante si è trasformato in una Pantera a caccia di auto in fuga, ogni notte.
Tutta la città parla della Ferrari, la ama o la teme. Narra la leggenda che alcuni ladri cerchino apposta Spatafora e la sua macchina, per sfidarlo.

E perdono.

L’auto sfreccia spesso sotto il Vaticano. “Ma spegnevamo la sirena, per non svegliare il Papa”. Una notte del 1964, vicino a Piazza Navona, Spatafora incrocia un’Alfa Romeo 2.500 rossa che accelera non appena si accorge della Ferrari. Il brigadiere si lancia all’inseguimento, l’Alfa Romeo scappa. A guidarla ci sarebbe un inafferrabile pilota e noto ladro di auto, un ricercato conosciuto nella mala come “Lo Zoppo” (le versioni più romanzate fanno riferimento a un “Marsigliese” su una Citroen). Insieme a lui, sulla macchina rossa, c’è un altro ricercato, “Il Pennellone”. “Lo Zoppo” cerca di seminare Spatafora facendo a sportellate fino a Ponte Milvio, cercando di farsi tamponare, salendo sui marciapiedi. Si dice che entrambe le macchine salgano con un lato del veicolo sopra un paracarro, viaggiando così per diversi metri. Nulla, il bandito non riesce a scrollarsi di torno Spatafora.Alla fine “Lo Zoppo”, esasperato, lancia la sua Alfa giù per la scalinata di Trinità dei Monti, confidando nel fatto che il poliziotto alle sue calcagna non correrà il rischio di spaccare definitivamente quella Ferrari meravigliosa. Ma Spatafora non ci pensa due volte e, su un’auto che non potrebbe ripagare in dieci vite, va giù pure lui. Scende con la macchina semidistrutta lungo le scale, sempre dietro alla Citroen che si pianta lì, in Piazza di Spagna. I due ricercati vengono arrestati, mentre la Ferrari è rimandata a Maranello per un eufemistico “tagliando” che prevede la sostituzione di tutte e quattro le gomme, della balestra, del cambio. La macchina di Spatafora, diventata celeberrima a Roma, ha ispirato documentari e il film Poliziotto sprint con tanto di scena della scalinata.

Nota: Nonostante la collaborazione con la Questura Centrale, La sequenza non venne autorizzata dal Comune di Roma ma il giovane produttore, Gianni Di Clemente, era al suo primo film e volle fare bella figura con La Titanus che aveva finanziato il film e lo avrebbe distribuito. Allora organizzò la prima e la seconda troupe, quella degli stuntamen francesi guidati dal famoso Julienne Rèmy, e alla 4 del mattino, in una Piazza di Spagna deserta, riecheggiò il suono del ciak

Nella foto:
da sinistra a destra: Gianni Di Clemente, Francone, factotum, e Stelvio Massi, regista della prima unità, liberano la scalinata subito dopo la spericolata ripresa-una e buona

Nella foto:
da sinistra a destra: il vero Spatafora e l’attore Maurizio Merli che ne interpreta le imprese

Una volta cessato il servizio, della Ferrari si perdono le tracce. Viene data per scomparsa, forse demolita. In realtà la macchina era stata comprata da un collezionista a un’asta di mezzi militari e tenuta a lungo al sicuro, in garage.
“L’abbiamo trovata! Abbiamo trovato la macchina di Spatafora!”
gridarono anni dopo al telefono i poliziotti incaricati di recuperarla, quando infine la individuarono come fosse uno dei banditi braccati dal famoso Brigadiere. Oggi la macchina si chiama come il suo grande pilota: Ferrari Spatafora. Spesso è protagonista delle mostre di mezzi di Polizia: da poco è stata esposta a Venezia, in occasione della mostra “La Polizia nel cinema”.

(Nel film c’è la scena girata con la Ferrari vera che viene scoperchiata nel garage della polizia dove è custodita)

Ancora adesso, sotto la carrozzeria, si possono vedere i segni degli scalini di Trinità dei Monti.
Il brigadiere fu citato dai giornali come “il poliziotto siracusano che fa centinaia di arresti”. Fu intervistato, cercato. Ebbe un ottimo rapporto con la stampa, pur essendo un uomo schivo. I media non furono gli unici, a capirne le potenzialità. Si racconta che Enzo Ferrari, durante i test a Maranello, chiese al brigadiere Spatafora di lasciare la divisa e andare a correre per lui. Il poliziotto, però, rispose: “No, Commendatore. Grazie, ma è un mestiere troppo pericoloso”.

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